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Farina di insetti...no grazie!

La presunta e tanto decantata eco-sostenibilità di alimenti a base di farine di insetti, non trova un chiaro e certo riscontro nella realtà dei fatti, se non un evidente quadro speculativo. Esattamente come sta avvenendo per le auto elettriche.

Come molti altri italiani e non solo, che ormai non si fidano più delle notizie che possono trovare nei mezzi di informazione tradizionali quali giornali, radio e tv, giornalmente cerco di comprendere cosa sta succedendo in Italia e nel mondo e la direzione verso cui stiamo andando, rivolgendomi a fonti autorevoli, che ho imparato a conoscere soprattutto negli ultimi anni.  Una di queste è quella di Franco Fracassi, reporter esperto di geopolitica e di comunicazioni, regista di documentari di inchiesta, scrittore, le cui lucide analisi mi hanno spesso aiutato a riflettere e comprendere questioni oscure, di cui faticavo a farmi un’opinione chiara.

Pochi giorni fa mi sono imbattuta in un suo intervento a proposito del settore agroalimentare italiano, che mi ha particolarmente interessata sia come cittadina, sia come terapista alimentare, che focalizza l’attenzione sull’energia del cibo, riconosce la validità della dieta mediterranea e l’eccellenza dei prodotti italiani.  Riporto il più fedelmente possibile le sue considerazioni, rispetto a cui mi sono ritrovata fortemente sintonica.

“Attualmente sembra che l’Unione Europea miri ad attaccare il settore agroalimentare italiano. Le politiche verdi stanno causando non solo seri problemi all’industria automobilistica, a causa della difficile transizione verso i veicoli elettrici, al settore delle costruzioni, a causa delle costose normative verdi per gli edifici, ma soprattutto al settore agroalimentare italiano, che rischia di essere smantellato dai programmi di Bruxelles. Si tratta di un piano europeo lanciato nel 2019 per rendere l’Europa il primo continente neutro  dal punto di vista climatico entro il 2040, che prevede azioni in diversi settori, per ridurre le emissioni di gas serra. Tutte cose lodevoli, ma dipende da come vengono fatte e l’impatto che hanno sulle persone. Il programma per la riorganizzazione del sistema agroalimentare europeo verso la sostenibilità e la transizione ecologica, è un piano che coinvolge tutta la filiera: dal processo di produzione, al consumo, per rendere i sistemi alimentari più sostenibili rispetto a quelli attuali. Nonostante le apparenti buone intenzioni, il piano potrebbe contenere conseguenze catastrofiche, tra cui una riduzione della produzione agricola e zootecnica  e portare a una maggiore importazione dall’estero e una riduzione dell’export, che attualmente vale 60 miliardi di euro e sta crescendo il 17% l’anno, comportare anche un aumento significativo dei prezzi dei prodotti alimentari, che già oggi colpisce maggiormente le classi sociali meno abbienti.

E, quando facciamo delle scelte, dobbiamo pensare anche che esistono gli esseri umani, che dobbiamo preoccuparci di salvaguardare e che non si può manipolare la terra a prescindere da essi.

I principali obiettivi che emergono sono la diminuzione dell’impatto ambientale per contrastare il cambiamento climatico, l’aumento della biodiversità e la fornitura di cibo eco-sostenibile per tutti. Tra le misure previste ci sono la riduzione del 20% del consumo di carne, l’uso dei terreni agricoli per la coltura biologica, la diminuzione del 50% dell’uso di pesticidi e del 20% dei concimi chimici. Tutte iniziative  che sembrano essere più che positive, ma alcuni studi rigorosi affermano che i risultati sarebbero modesti, mentre le ripercussioni sull’economia sarebbero devastanti. Inoltre l’Unione Europea richiede di ridurre del 4% la superficie dei terreni coltivati e di lasciarli a riposo. Ciò comporterebbe una diminuzione della produzione e di conseguenza un aumento della dipendenza dall’estero, per l’approvvigionamento alimentare. In questo modo la sovranità alimentare europea sarebbe sempre più a rischio  e la popolazione potrebbe non essere più in grado di acquistare prodotti di alta qualità. Contemporaneamente altre fonti dichiarano che il modello italiano è un modello virtuoso di produzione sostenibile, contrastando il modello europeo, che definiscono disfunzionale. L’agricoltura di precisione  e l’abilità dei produttori italiani si sostiene abbiano impatti bassi e la maggior valorizzazione delle risorse rispetto a tutto il mondo. Le multinazionali, a detta di questi ultimi, sembra vogliano fermare questo modello, perché esso rappresenta una minaccia per coloro che vogliono produrre senza vincoli e per le multinazionali stesse, che cercano di standardizzare i prodotti sintetici. Anche gli accordi di libero scambio hanno danneggiato i prodotti agroalimentari italiani ed europei: è stato, per esempio, consentito l’ingresso di prodotti canadesi nel mercato europeo, prodotti che non rispettano gli standard qualitativo dei prodotti europei, come l’uso del diserbante glifosato per la coltivazione, vietato in Italia, inoltre sono stati tutelati solo 41 prodotti tipici italiani, un numero esiguo rispetto al totale dei prodotti dop, doc, igp e questo non può che favorire la contraffazione del made in Italy. Sono stati anche sacrificati due dei prodotti dop più importanti, come il grana padano e il parmigiano reggiano. Inoltre il vino è stato incluso tra i prodotti nocivi per la salute.

Non cedere alle iniziative di matrice ideologica promosse dall’Unione Europea e difendere le eccellenze italiane, l’agricoltura di precisione, la ruralità e la qualità  possono essere le strade per resistere”.

Riflessioni simili possono essere fatte a proposito del consumo di insetti, il cui inserimento nella nostra alimentazione, oltre a essere inutile al fine di assolvere agli scopi per cui è stato introdotto, in maniera sempre più evidente si mostra come l’ennesimo inganno perpetrato verso i cittadini, per imporre la redditizia agenda green. E queste mie considerazioni trovano l’assenso del dottor Stefano Manera, medico chirurgo specializzato in anestesia e rianimazione, esperto in microbiota intestinale e invecchiamento e della presidente della Società Scientifica di Nutrizione Vegetariana: la dott.ssa Luciana Baroni.

L’iter di approvazione della farina di grillo è iniziato nel luglio del 2020 da parte della Commissione Europea e a marzo del 2022 l’EFSA ha adottato un parere scientifico sulla sicurezza della polvere intera, parzialmente sgrassata di grillo domestico, come nuovo alimento. L’International Platform of Insect for Food and Feed ha accolto con favore il via libera delle autorità degli Stati membri dell’Unione Europea che, oltre alla farina di grillo, punta anche all’autorizzazione e commercializzazione di formulazioni congelate e liofilizzate del verme della farina.

Al solito c’è sempre qualcuno che focalizza l’attenzione su aspetti secondari del problema, come concentrarsi sulla chitina, portando a distogliere gli occhi dagli aspetti ancor più preoccupanti. Il problema non è infatti la chitina che, dopo la cellulosa, è il più abbondante biopolimero presente in natura. La chitina è uno dei principale componenti dell’esoscheletro degli insetti, ma anche della parete cellulare dei funghi, di molti altri invertebrati (esoscheletro e cuticole dei crostacei) ed è presente nella parete cellulare di alcune alghe marine. Gli insetti sono stati e sono consumati abitualmente in molte parti del mondo da persone che non hanno enzimi digestivi diversi dai nostri e che non si sono estinte, cosa che conferma che la chitina non è di per sé un veleno direttamente cancerogeno. Allo stato attuale non sappiamo tuttavia se, in assenza di un adeguato microbiota intestinale, esso possa dare fenomeni di infiammazione e permeabilità intestinale, con conseguenze serie per la nostra salute.

I dati nutrizionali, forniti dai produttori, riportano che la farina derivata dagli insetti, definita iperproteica, conterrebbe il 74-78% di proteine. Oggi conosciamo molto bene gli effetti delle proteine animali nell’alimentazione umana, il cui eccesso già sappiamo essere dannoso per la salute. Per le farine provenienti da insetti, ad oggi, non è noto l’impatto sulla salute, se non il rischio di allergie. E’ già possibile ricavare una farina proteica da un qualunque cibo (ad esempio il seitan o un isolato proteico di soia), una volta tolta l’acqua e altri nutrienti. Per quanto riguarda gli insetti, non è chiaro dove stia quindi l’innovazione e il conseguente inserimento nella lista dei novel food.

Per molte persone, inoltre, prevarrà giustamente il disgusto al solo pensiero di cibarsi di cibi che derivano da insetti e che quindi contengono questo ingrediente. Secondo la FAO, per essere sostenibile, un cibo deve essere culturalmente accettato. Se è vero che gli insetti sono da considerarsi cibo in altri Continenti e in altre culture, lo stesso non può essere detto per la nostra. Questo potrebbe essere (speriamo) un boomerang per l’industria alimentare: buona parte di chi è contrario, non fidandosi, si dedicherà a preparare i biscotti, la pasta, i sughi, il pane in casa. Si tornerà alla materia prima ed a cucinare cibi veri e non trasformazioni impoverite e processate. Questo impatterà sull’economia, perché alcuni settori sicuramente ne subiranno le conseguenze, ma la nostra società, si spera, faccia una “brusca sterzata”, perché tante attività di oggi e lo stile di vita non sono più sostenibili, non solo per l’economia e per l’ambiente, ma anche per  la salute e per invertire ciò non si può che sperare una riorganizzazione completa.

Non dimentichiamo che i nostri consumi influenzano il mercato e, se non vogliamo mangiare farine di insetti, non ci resta che essere molto attenti agli ingredienti, riportati sulle etichette degli alimenti che acquistiamo, anche se all’inizio ciò richiederà un impiego maggiore di tempo nel fare la spesa e la ricerca di materie prime di qualità.

Un altro problema da non sottovalutare è il possibile rischio di parassitosi e patologie virali, veicolate da queste farine.

Oltre al danno per la salute, relativo a un aumentato consumo di proteine, esiste anche il rischio che l’allevamento degli insetti possa portare a crescite incontrollate della popolazione di questi animali, che potrebbero sfuggire al controllo degli allevatori, stravolgendo l’ambiente, con incalcolabili danni all’agricoltura e con conseguenze difficili da prevedere. I rischi di fughe e di incrementi incontrollati della popolazione di questi insetti, alimentano prospettive tutt’altro che rosee.

Inoltre questi insetti necessitano di temperature elevate per vivere. Per molti Paesi europei, che stanno investendo in questo prodotto, questo è un punto molto importante, considerata la crisi energetica che stiamo vivendo. Quindi la presunta e tanto decantata eco-sostenibilità di alimenti a base di farine di insetti, non trova un chiaro e certo riscontro nella realtà dei fatti, se non un evidente quadro speculativo. Esattamente come sta avvenendo per le auto elettriche.

Come ho spesso affermato, in molti miei interventi, in un Continente come l’Europa non c’è bisogno di aumentare il consumo di proteine animali, piuttosto diminuirlo. C’è bisogno di consumare più cibi di origine vegetale, ricchi di fibre, carboidrati complessi e fitocomposti con azione preventiva, come lo sono i cereali in chicco integrali, i legumi, le verdure locali e di stagione, la frutta fresca e secca, le alghe marine e con moderazione prodotti animali, di ottima qualità, in particolare pesce. Un’alimentazione con azione preventiva, in grado di proteggere nei confronti delle principali malattie croniche, diffuse nel mondo occidentale.

E... se si vuole mangiare saltuariamente carne, lasciamo perdere quella degli insetti e rivolgiamoci piuttosto a quella che si è sempre allevata nella nostra tradizione, scegliendola con oculatezza, informandosi sulla provenienza e sui metodi utilizzati.

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